Per la prima volta in Italia arriva la Ocean Race: Genova capitale della vela Oceanica

"Ci sono tre grandi cose al mondo: gli oceani, le montagne e una persona impegnata.”

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In mare, in oceano si impara a prendere quello che viene e, soprattutto, ad essere pronti ad affrontare al meglio, ciò che la natura manda. Onde, temporali, bonacce, burrasche, ma anche condizioni e situazioni, che riempiono cuore, gola, occhi, orecchie. Chi va per mare lo sa; chi naviga in Oceano pure, trovando tutto più amplificato. SLAM è salita ancora una volta a bordo di chi convive con situazioni estreme, ma che allo stesso tempo sono magiche e indimenticabili.


L’Oceano è il sogno di molti e le regate oceaniche aiutano a far sognare un po’ più da vicino, aiutati dalla tecnologia moderna che permette di vivere in diretta ciò che succede anche dall’altra parte del pianeta. In questi ultimi mesi l’occasione di vivere l’Oceano, che con l’Atlantico sposa il nostro Mar Mediterraneo, ci è stata data dalla Ocean Race e dalla Ocean Race VO65 Sprint, icona delle sfide attorno al mondo in equipaggio, con la settima e ultima tappa L’Aia-Genova. Se è una novità assoluta concludere un Giro del Mondo in Italia, lo è anche avere una barca austriaco-italiana in regata nella versione “Sprint”, con Austrian Ocean Racing - Team Genova, skipper Gerwin Jansen, e - tra l’equipaggio internazionale a bordo - quattro italiani: Andrea Pendibene, Claudia Rossi, Cecilia Zorzi e SLAM, con la sua fiera genovesità!

“In quanto marinai siamo i primi che dobbiamo prenderci cura dei nostri mari e dei nostri laghi, In quanto cittadini abbiamo il dovere di dimostrare la lungimiranza di chi sa, che non abbiamo un pianeta di riserva”


Cecilia Zorzi

“Qui fuori in Oceano una delle cose che mi sono rimaste più impresse sia alla prima tappa verso Capo Verde, che in questi giorni da L’Aia verso Genova è la condizione di instabilità,con l’aria fredda, che porta con sè questo cielo molto, molto nitido di un azzurro intenso e costellato di cumuli a perdita d’occhio, con colori super saturi e l’aria limpidissima; sei circondato da questo paesaggio che lascia sempre senza parole: è uno dei ricordi più belli che mi porto dietro.Albe e tramonti infuocati, ad una risoluzione…4K sono veramente pazzeschi”.

Una finestra sull’Oceano con Cecilia Zorzi

A Cecilia Zorzi il vento gelido dell’Oceano Pacifico, che entra nella Baia di San Francisco, ha portato fortuna e ha segnato evidentemente una strada in tempi non sospetti, portandolaprima a vincere a San Francisco il titolo iridato Laser 4.7 (2011) e poi ad inseguire quella frizzante aria oceanica, che a Cecilia in realtà scalda il cuore. La sua storia, le sue emozioni, i suoi sogni che planano tra sempre nuove sfide:


Da un mare chiuso come il Garda e Mediterraneo, alla scelta di orizzonti oceanici. Come è nato questo cambio di rotta verso la vela offshore?

CZ: Il cambio di rotta è nato in quel periodo in cui si parlava di una nuova classe olimpica per Parigi 2024 del doppio misto offshore e avevo ancora la voglia di riprovare una campagna olimpica (idea partita nel 2019 con l’L30 e naufragata per scelta definitiva del CIO nel 2021) ). Ho avuto l'occasione di provare a navigare sul Figaro con Alberto Bona, in quell’ottica che sembrava olimpica e ho scoperto così la navigazione offshore. Di fatto mi sono innamorata di questo modo di vivere le regate e la navigazione; lui aveva già tanta esperienza e quindi mi ha dato i primi insegnamenti. Da lì è partito un po' tutto quanto.


La partecipazione di Francesca Clapcich alla precedente Ocean Race ha influito nella tua scelta? Vi siete mai sentite?

CZ: La partecipazione di Francesca sicuramente ha influito, ma in realtà più a posteriori, perchè quando lei partecipò alla Ocean Race io ero ancora focalizzata sulle derive. Ci siamo ritrovate alla Solitaire du Figaro durante quella stagione che ha fatto anche lei. Sicuramente è stata un grande esempio così come lo era già stata ai tempi delle derive (partecipazione Olimpica Londra 2012 e sul 49er FX a Rio 2016). Abbiamo avuto un percorso molto simile, dal Laser, al 49FX, all’altura e Ocean Race, con un occhio di riguardo alle regate ad equipaggio ridotto. Quindi è stata e rimane una grande ispirazione: ci siamo viste ovviamente ad Alicante per la partenza della Ocean Race e qui a The Hague alla partenza dell’ultima tappa; ci ha dato anche tanti consigli, perché lei conosceva già i VO65 avendo già fatto un giro: è stata molto disponibile e collaborativa!


Dopo le derive e le regate offshore in due ti sei trovata alla Ocean Race in equipaggio: è stato difficile gestire questo aspetto?

CZ: Personalmente preferisco la navigazione in solitaria o in due, così com’è chiaro dal mio progetto “Cecilia in Oceano” per la Mini Transat 2025. La navigazione in equipaggio porta con sè tante cose belle, ma anche tante sfide: non è facile trovare il proprio posto dal punto di vista tecnico, ma anche da un punto di vista proprio umano; le dinamiche a bordo sono comunque una cosa delicata anche in un equipaggio internazionale, con la lingua che è in parte un ostacolo, ma anche come mentalità, che ognuno ha. Non è facilissimo, ma c’è di buono che abbiamo tutti lo stesso obiettivo quindi lavoriamo per raggiungerlo.


Quando torni a terra non ti mancano le emozioni che ti ha dato l’Oceano? Quando siamo a terra ci godiamo tutto il resto: le comodità, la famiglia e quindi in realtà ci basta il ricordo di quei momenti mozzafiato per stare bene. Però devo ammettere che dopo qualche giorno che sono a terra divento un po' insofferente e c'è subito la voglia di ripartire; però è un equilibrio tra le due cose, quindi va benissimo così, alternanza oceano - terra!

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